Il Next Generation EU “è fondamentale” – ha affermato nei giorni scorsi il segretario del PD, Enrico Letta. – “L’Europa ci ha dato tanti soldi, come non ne abbiamo mai visti. Se li useremo male questa volta sarà l’ultima, e prendiamo così delle responsabilità nei confronti delle prossime generazioni che non possiamo assumerci”.
Il significato di questi finanziamenti europei diviene ancora più chiaro se inquadrato nella prospettiva storica del difficile funzionamento dell’economia italiana degli ultimi decenni: un’economia che non ha saputo o voluto investire, che non si è rinnovata e che quindi non è riuscita a creare lavoro. Così ha sostenuto ad esempio l’economista Piero Ciocca nella sua relazione di apertura della recente Scuola di partito dedicata appunto al Next Generation EU; a suo avviso è quindi necessario far ripartire quanto prima, attraverso significativi investimenti pubblici che indubbiamente i finanziamenti europei rendono possibili, gli investimenti delle imprese, perché solo in tal modo diviene possibile una crescita significativa dell’occupazione.

Soprattutto non vi è tempo da perdere: anche se il programma europeo si concluderà alla fine del 2026, la sua attuazione per molti versi è già iniziata; naturalmente si potrà discutere se il PNRR – ovvero il piano di ripresa e resilienza presentato dall’Italia a Bruxelles – avrebbe potuto articolarsi in modo diverso, se alcuni settori avrebbero meritato maggiori risorse di quanto previsto. Ma, al di là delle obiezioni possibili, resta la grande, irripetibile occasione di crescita dell’economia e della società italiana ha ora di fronte; anzi, probabilmente, per facilitare l’approvazione del piano, le stime di crescita risultano molto prudenti; le risorse a disposizione restano però molto consistenti, e si deve sempre considerare con molta attenzione che non esistono solo le sei “missioni” – come digitalizzazione, transizione ecologica, istruzione e ricerca, salute – individuate dal programma, ma anche gli interventi “trasversali” tra ambiti diversi, che le risorse a disposizione rendono possibili. Dopo la campagna di vaccinazione contro il Covid, sarebbe necessaria – come ha sostenuto il giornalista Ferruccio De’ Bortoli nella stessa occasione – una “vaccinazione educativa” generalizzata, una grande opera di rinnovamento di tutto il settore della formazione permanente, particolarmente insoddisfacente in Italia, per migliorare in modo decisivo le competenze di tutte le ricche risorse umane presenti in Italia. Tra queste competenze svolgono un ruolo decisivo anche quelle civili, tese a formare in modo adeguato una cittadinanza consapevole. Sia ben chiaro: non si tratta di chiudersi in un ottimismo superficiale. Come ha sostenuto, sempre nella stessa occasione, l’economista Elena Granaglia, il PNRRrischia di attivare politiche di inclusione sociale considerate prevalentemente nell’ottica di rendere possibile un’integrazione nel mercato del lavoro, senza considerare con attenzione la complessità di una politica tesa realmente a superare – o almeno a ridurre – le diseguaglianze. Ma questa diversa visione del welfare e della stessa partecipazione democratica deve realizzarsi all’interno dei progetti e delle misure rese possibili dal PNRR, e non restandone fuori.
Quindi, come sostenuto da Gianni Cuperlo nella stessa occasione, è urgente l’elaborazione di una nuova cultura politica. Questo è un compito che riguarda anche gli italiani residenti in Germania e in Europa: essere capaci di osservare le best practices e le migliori politiche che talvolta esistono in alcuni settori, saperle comunicare agli interlocutori residenti in Italia, lottare per quanto possibile contro quello spirito di rassegnazione passiva che rischia talvolta di prevalere in Italia. Queste – e tante altre, naturalmente – sono le forme possibili di questa nuova cultura politica. Come ha ricordato Enrico Letta, questa è un’occasione che non possiamo perdere e nella quale non possiamo permetterci di sbagliare.