
Nel primo incontro della serie “Italiani a Karlsuhe” abbiamo cominciato a conoscere il mondo della ricerca scientifica come motore della nuova emigrazione dall’Italia verso l’estero e, in particolare, verso la Germania e Karlsruhe.
Partendo dai dati più recenti relativi al numero di concittadini italiani residenti in Germania e a Karlsruhe, abbiamo preso consapevolezza dell’evidenza della ripresa del fenomeno migratorio dall’Italia, spesso dovuto a necessità economiche o preferenze lavorative. Ciò è ancor più evidente in specifici settori, come, appunto, quello della ricerca scientifica. Infatti, già da tempo si parla, seppur con una terminologia dai più ritenuta impropria o inopportuna, di “fuga dei cervelli” o “brain drain”. Il fenomeno della mobilità del personale scientifico tra Paesi diversi è molto complesso e spesso non assimilabile ad una semplice migrazione nel senso comune del termine. Abbiamo tuttavia mostrato come sia indiscutibile il fatto che alcuni Paesi, tra cui appunto la Germania (e alcuni Länder più di altri), siano in grado non solo di attrarre personale scientifico dall’estero, ma siano anche capaci di convincerlo a rimanere per un periodo di tempo ben più lungo di un semplice programma di scambio accademico (p. es. un semestre Erasmus o la durata di una borsa di studio). Le motivazioni alla base di questa attrattività in ingresso e della capacità di retain derivano da fattori economici (uno su tutti, la percentuale di P.I.L. destinato alla ricerca), sociali (ad esempio la gestione delle risorse economiche destinate alla ricerca), e culturali; nessuno di questi fattori dovrebbe rappresentare per l’Italia ostacoli insormontabili, qualora una visione di lungo periodo caratterizzasse i programmi di richiamo dei ricercatori all’estero e ad essa si aggiungesse una maggiore propensione al rischio da parte del settore privato negli investimenti in ricerca.
Chiaramente, la dimensione lavorativa ed economica del fenomeno migratorio nel settore accademico-scientifico deve tenere conto anche della necessità e della capacità dei singoli di inserirsi nelle comunità locali. Spesso, infatti, soprattutto nel settore scientifico-tecnologico – ad eccezione dunque delle scienze socio-umanistiche – la composizione multi-nazionale dei gruppi di ricerca porta all’utilizzo dell’inglese come lingua franca; di conseguenza, in Germania, risulta meno naturale integrarsi nella comunità germanofona. A ciò si accompagnano altri fenomeni, soprattutto nelle Anche tutta una serie di altre problematiche si manifestano nelle città a forte vocazione universitaria, tra le quali la stessa Karlsruhe: scarsa disponibilità di alloggi, aumento dei prezzi per gli affitti, ecc.
Trovare un compromesso tra attrattività, sviluppo scientifico-tecnologico e integrazione nel tessuto sociale del Paese che ospita significa quindi riuscire a raggiungere un difficile equilibrio tra possibilità lavorative e qualità della vita complessiva. Il nostro primo incontro ha avuto così lo scopo di far riflettere su queste tematiche; nel corso delle prossime conversazioni ci proponiamo di guardare ad altri settori della comunità italiana in Germania e a Karlsruhe per capire meglio come ciascun “micro-cosmo” cerchi di raggiungere questo equilibrio.